Appunti su “Petite anatomie de l’image” – Olivier Smolders, 2009

Collezionismo, piacere puro della simmetrizzazione di visioni sviste, non guardate. Non intenzionate se non dall’occhio che si lascia sorprendere così tanto dall’assenza di concettualità alle spalle da costringere il regista a prostrarsi e a richiamare, capitolo per capitolo, la realtà storica. Fa tenerezza notare come in questa ricerca di senso ci si rifaccia, tra gli altri, a Sade e Lautréamont, colpevoli per eccellenza dell’erotizzazione e dell’estetizzazione del corpo umano più fini e più fini a se stesse.

La distanza prodotta dall’artificialità della dissezione chirurgica si produce in una riestetizzazione del corpo devitalizzato, espunto del principio vitale e come tale non più principiato, ma principio a sè e di sè. In particolare: produzione di un’estetica a mezzo della de-canonizzazione della visibilità, della disorganizzazione delle linee e della loro liberazione nel piano dei richiami: vasi sanguigni-radici, risimmetrizzazione degli occhi, sovrapposizione dei doppi e raddoppiamento delle singolarità.

La cera fiorentina, che mi rifiuto di credere esclusivamente plasmata da intento medico, sottolineata dalle assordanti cornici geometriche nel regime di occlusione liberatoria nelle quali è impossibile non notare Bacon, si fa carico dell’assenza dell’attrattore concettuale, dell’Umano centrificarsi in quanto viventi diversi dai viventi. Forma umana liberata.