Due parole (in veste scherzosa) a proposito di una dichiarazione del papa.

http://www.liberoquotidiano.it/news/1300837/Papa-Francesco-e-i-giovani-pessimisti-Io-li-manderei-dallo-psichiatra.html
Premesso che mi dà la nausea dovermi basare su di una notizia fornita da Libero e che non ho trovato il testo completo dell’intervento, qualche spunto:

Mi sembra piuttosto violenta come soluzione quella di proporre l’internamento per i giovani pessimisti e di gusto squisitamente cinquecentesco. In qualche modo mi fa pensare – abbandonando la cronologia vera e propria – ad un “libro e moschetto” che nell’enorme distanza simbolica perde il libro, ad una retorica da campetto da calcio dell’oratorio le righe del quale separano i pasoliniani maschi (figli di mignotta) dai figli di buona donna, femminei e “studentelli”. Mi diverto ad immaginare il piccolo Jorge maschio-dentro-le-righe che fa rumore, che va controcorrente e che definisce deliranti gli studentelli fuori dalle righe.

Nell’imbarazzante vuoto concettuale della “Lumen fidei” coperto con un velo pietoso di metafore si possono intravedere i maestri gesuiti dannarsi per far studiare Jorge; lui, che è troppo occupato seguire la propria luce interiore assoluta ed univoca ed a curarsi di chi si perde a seguire le tenebre della riflessione, del povero gobbetto di turno.
Non stupisce, a pensarci bene, che la suddetta soluzione sia stata proposta dal massimo rappresentante di un insieme di persone che usa personificare la morale per (meglio) sottoporle quella facoltà desiderativa che ha imparato a temere come incessantemente gravida di mostri o in altri termini vivente in funzione – naturalmente univoca – di un genitore immaginario maschio, ottimista ed estremamente sicuro di sè (al punto da accaparrarsi un’ostinatissima maiuscola) del quale postula l’esistenza. Non stupisce perchè è cosa vista mille volte che un adulto svuoti le proprie tasche interiori e dia infine un nome alle proprie tendenze e ai propri bisogni di gioventù.

[Qualcuno dotato magari di una luce più fioca, si limita a cercare tali rimandi in un/una partner.]

“Visione!” di G. D’Annunzio – Abbozzo di lettura egoica.

Il sole ride; le nubi serene
Vagan pel cielo di cobalto al vento.
Ed io mi sento il freddo nelle vene,
Ed io nel curoe la morte mi sento!

Ma tu chi sei, gentile visione,
che mi tendi cosí le braccia stanche?
Che mi ripeti l’ultima canzone
Ai fior del campo, alle farfalle bianche?
Gentile visione!

Il sole ride;
Dalle acacie in fiore
Viene per l’aria una fragrante ondata
Ed io doman sarò nel cupo orrore dell’urna,
Sol, triste, assiderato!

Ma tu anche là,
Gentile visione,
Mi tenderai così le braccia stanche?
Oh! Sì, ripeti l’ultima canzone
Ai fior del campo, alle farfalle bianche!
Fedele visione!

Serissima, la domanda posta dal D’Annunzio perfettamente Vate dell’ultima strofa, mi cattura malamente. Dimissionario, decadente, immiserito appello di un uomo che interroga la propria creazione – la visione altro non è – per assicurarsi di poterne disporre anche post mortem. Di tanto in tanto distratto dalle meraviglie della natura, il moribondo si domanda se sarà capace di fantasia anche nel buio dell’urna.

Il soliloquio di D’Annunzio può avere come oggetto, non è possibile dirlo con certezza, una vera e propria visione così come la visione, la proiezione fantastica, di un’amata in carne ed ossa. In ognuno dei due casi il moribondo si augura che la sua creazione (ex nihilo o meno) rimanga in suo potere anche quando la ragion sufficiente di quest’ultimo sarà venuta meno, vuole accertarsi di continuare a vivere come pensiero e come canto.

Nell’egoismo tipico di colui che “sente” forte un sentimento, che può avere per motto “Io solo conosco la potenza di ciò che sto sentendo”, pretende di decidere quale ne sarà l’eco e chi dovrà vibrarla. […]

E’ davvero una bozza. E’ un pensiero che nacque quando lessi per la prima volta il brano al quale rimane ora in calce e sul quale prendo appunti da parecchio, mentali o cartacei, ma che non riesce a farsi “sferico”. Pubblico questo disordine nella speranza di raccogliere opinioni di altri che, come me, hanno a cuore la tematica dell’egoismo del sentimento.

Un suggerimento: